giovedì 27 febbraio 2014

Santa Rosa da Viterbo

La patrona della città di Viterbo, compatrona con San Lorenzo, è Santa Rosa.
Nacque nel 1233 e morì a soli 18 anni nel 1251, il 6 marzo.
Rosa chiese più volte di essere accolta nel Monastero di San Damiano, costruito nel 1235, a pochi passi dalla sua casa, dove vivevano in clausura suore che seguivano la regola di Francesco e Chiara. Rosa non venne accolta, forse per la sua salute cagionevole, forse perché di famiglia poverissima, o per paura di ripercussioni, in un momento storico delicato per la città, in cui i conflitti tra guelfi e ghibellini indussero il podestà ad esiliare per qualche tempo Rosa e la sua famiglia  perché la stessa predicava pace e dialogo. (L'esilio: Rosa con i suoi genitori, attraversando i Cimini innevati, arrivarono a Soriano nel Cimino e, dopo qualche giorno, sulla strada del ritorno per Viterbo, raggiunsero e si fermarono del tempo a Vitorchiano).
Rosa visse comunque una vita di preghiera e penitenza, fino ad indossare il saio francescano e prendere i voti da Terziaria francescana, denudandosi, tagliando i capelli, facendo voto di castità.
Durante la sua fanciullezza e giovinezza visse momenti di altissimo misticismo: ebbe in visione la Madonna e Gesù Crocifisso. In seguito a quest'ultima visione si flagellò, si tirò i capelli, iniziò a predicare per le strade cittadine con il crocifisso in mano. Almeno 12 sono i miracoli attestati durante la sua vita terrena e dopo la sua morte -dal XVII al XIX secolo- ne sono stati contanti e riconosciuti almeno 1171. Tra i più famosi quelli della resurrezione della zia morta da un giorno; la trasformazione del pane in rose, scoperta dal padre che portava cibo ai poveri privandone la pur misera mensa familiare; l'aver sanato la brocca dell'amica rottasi presso la fontana; aver ridato la vista alla fanciulla nata cieca Delicata e la conversione dell'eretica di Vitorchiano.
La sua cagionevole salute la portò alla morte a soli 18 anni. Venne deposta nella nuda terra nella sua parrocchia, Santa Maria del Poggio (oggi conosciuta come chiesa della Crocetta). Ma da subito molteplici furono i pellegrinaggi sulla sua tomba e i miracoli con cui rispose la santa. Papa Innocenzo IV decise, a 18 mesi dalla morte, di darle più degna sepoltura. La fece riesumare e il suo corpo apparve incorrotto e ancora fresca a profumata la ghirlanda di rose con cui era stata sepolta. Dopo qualche anno si stabilì a Viterbo la curia pontificia con papa Alessandro IV. Rosa andò per ben tre volte in sogno al papa, chiedendo di essere finalmente portata nel "suo monastero". Alessandro IV fece traslare il corpo di Rosa da Santa Maria del Poggio al Monastero di San Damiano che da allora fu conosciuto come chiesa e quindi Santuario di Santa Rosa. Rosa aveva predetto anche questo..che un giorno sarebbe comunque entrata nel Monastero e le suore l'avrebbero avuta ben cara. E' così che da allora le suore clarisse si occupano di Rosa. Il suo corpo è rimasto incorrotto; annerito solo da un incendio nel 1357, in cui miracolosamente si è preservato. Il saio di seta che la ricopre viene di tanto in tanto sostituito dalle suore e del vecchio queste ne fanno reliquie da mandare a chi ne fa richiesta, in tutto il mondo, visto la diffusione del culto di Santa Rosa.
In base a ricognizioni mediche-scientifiche si è potuto constatare che anche la vita stessa di Rosa è stato un miracolo: mancava di sterno e questo in natura significa morte entro i tre anni di vita. Inoltre il suo cuore aveva una grave anomalia.
Ogni 2 settembre viene portato in processione per le vie cittadine il cuore di santa Rosa, seguito da un corteo storico di circa 300 personaggi. La sera del 3 settembre viene portata in spalla dai facchini di Santa Rosa, la Macchina di Santa Rosa, una sorta di campanile che "cammina"..uno spettacolo unico al mondo, proclamato patrimonio Immateriale Unesco!...
Il corpo di Santa Rosa è visibile nel Santuario di Santa Rosa a Viterbo, chiuso in un'urna di bronzo dorato che l'accoglie dal 1699. Ai piedi una bella statua di Francesco Messina che volle realizzarla in onore di Santa Rosa con lo stesso marmo di Carrara usato da Michelangelo per la tomba di Giulio II.



venerdì 21 febbraio 2014

Vitorchiano il paese della peste

C'è un borgo nel centro Italia, in provincia di Viterbo, che si mostra in tutto il suo fascino antico: Vitorchiano. Le sue orgini sono etrusche, avamposto romano, territorio longobardo, intono all'anno Mille si presentava definito nella sua struttura in cui possiamo ammirarlo ancora oggi: borgo arroccato sulla rupe tufacea e protetto da mura. Oggi quello che noi possiamo ammirare è il centro storico perfettamente conservato, tanto da essere Borgo Bandiera Arancione, tra i borghi più belli d'Italia: vicoli stretti e linee spezzate, case a "torre", profferli, lavatoi, giardini in vaso, belvedere, scorci pittoreschi e unici..permette di fare un tuffo indietro nel tempo


 
A Vitorchiano vennero girate alcune scende nel 1966 del famoso film "L'Armata Brancaleone", diretto da Mario Monicelli. 
In particolare Vitorchiano era il "paese della peste", dove giunse, nel corso del peregrinare in tutta la penisola, un gruppo di miserabili, capitanato da Brancaleone da Norcia, unico e spiantato rampollo di una nobile famiglia decaduta, dotato però di una non comune eloquenza ed animato da sane virtù e cavallereschi principi. Il gruppo vive molteplici disavventure e il film è considerato un capolavoro del maetro Monicelli. 

Clicca per vedere alcune scene dell'Armata Brancaleone a Vitorchiano dall'inizio al 2'02"  
 

lunedì 10 febbraio 2014

Villa Lante, parco più bello d'Italia


In questi giorni di pioggia portiamo un po' di sole pensando alle vacanze primaverili..la bella stagione è il momento migliore per godersi mete all'aria aperta e quando puoi trovare in un unico sito storia, arte, cultura e natura non c'è di meglio per gli occhi e il cuore.
Uno di questi luoghi speciali, in provincia di Viterbo, è il Parco di Villa Lante, insignito nel 2011 come Parco più bello d'Italia.
Arrivati in località Bagnaia, a circa 4 km da Viterbo,  si trova il borgo antico costituito dal centro storico medievale "dentro le mura" con torre merlata, il borgo rinascimentale fuori le mura e, a coronamento di questo spazio, Villa Lante. E' costituita da un parco con libero accesso, originariamente destinato ad attività venatoria, e da uno spazio visitabile con biglietto d'ingresso, che comprende il giardino all'italiana rinascimentale e le due palazzine "gemelle" attribuite alla progettazione di Jacopo Barozzi detto il Vignola.
 
Villa Lante venne ideata come residenza estiva dei vescovi di Viterbo e realizzata tra il XVI e XVII secolo, acquisendo il nome di Villa Lante solo nel XVII secolo, divenuta proprietà della famiglia Lante Della Rovere.
Le palazzine sono simmetriche rispetto ad un asse costituito da un gioco di fontane su differenti livelli terrazzati: l'acqua dalla fontana del Diluvio, scende con giochi, spruzzi e cascatelle, colloquia con la pietra, si arriccia spumeggiante tra giganti, code di gamberi e delfini di pietra, si eleva come fiammelle, si quieta nella Mensa dei Cardinali e alfine si placa nel quadro della Fontana dei Quattro Mori. Attorno alle fontane sculture e siepi di bosso, ortensie e camelie, alberi di quercia, lecci e platani.
 

 

 
Nella visita guidata a Villa Lante si approfondisce la storia dell'ideazione e costruzione della villa, la decorazione pittorica e scultorea, il significato simbolico delle fontane, del parco e dei giardini, oltre che una presentazione delle specie arboree presenti in sito.